Quando l’appartamento o le parti comuni subiscono infiltrazioni d’acqua la prima figura che deve intervenire è l’amministratore di condominio. Se, nonostante avvisi informali o solleciti verbali, egli omette di attivarsi per rimuovere la causa e per risarcire i danni, il condomino danneggiato ha la facoltà di diffidarlo formalmente, mettendolo in mora e fissandogli un termine per adempiere. La diffida costituisce il passaggio decisivo prima di ricorrere alla mediazione obbligatoria o all’autorità giudiziaria e tutela il proprietario da eventuali eccezioni di tardività o di assenza di contestazione. Questa guida illustra passo dopo passo come procedere, con riferimenti normativi, giurisprudenza recente e indicazioni pratiche su forma, contenuto e tempi dell’atto di diffida.
Indice
- 1 Inquadramento normativo
- 2 Accertare la causa e raccogliere le prove
- 3 Comunicazione preliminare all’amministratore
- 4 Redigere la diffida e mettere l’amministratore in mora
- 5 Tempi e modalità di invio
- 6 Se l’amministratore non interviene
- 7 Profili di responsabilità dell’amministratore
- 8 Costi e ripartizione delle spese
- 9 Conclusioni
Inquadramento normativo
Il Codice civile affida all’amministratore, fra le altre attribuzioni, il compito di eseguire le delibere assembleari e di curare la manutenzione ordinaria, disponendo anche gli interventi urgenti sulle parti comuni. Nel momento in cui un condomino segnala infiltrazioni riconducibili a parti comuni (lastrico, tetto, colonne di scarico, facciata), l’amministratore diventa dunque debitore di un “obbligo di fare”: deve avviare accertamenti e, se necessario, lavori provvisori e successivi lavori definitivi. Se non lo fa, il singolo proprietario ha diritto di metterlo in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c., intimandogli di adempiere entro un termine congruo. In assenza di riscontro, la responsabilità del danno – patrimoniale e non – rimane in capo al condominio, come ha ribadito la Cassazione nel 2024 (sentenza 30791) per i casi di infiltrazioni dal lastrico.
Accertare la causa e raccogliere le prove
Prima di predisporre la diffida è opportuno raccogliere documentazione probatoria chiara. Servono fotografie che mostrino la macchia d’umidità o il gocciolamento, eventuali video durante la pioggia, preventivi o fatture di riparazioni provvisorie sostenute di tasca propria, referti tecnici (perizia, relazione di un artigiano, verbale dei Vigili del Fuoco se intervenuti). La cronologia degli eventi dovrà risultare con precisione: data di prima comparsa, segnalazioni pregresse, sopralluoghi effettuati. Tanto più completa è la prova, tanto più efficace sarà la messa in mora e, se necessario, la successiva domanda risarcitoria.
Comunicazione preliminare all’amministratore
Per correttezza e per dimostrare spirito collaborativo, si invia innanzitutto una segnalazione scritta semplice – e-mail, PEC o raccomandata – riepilogando il problema e chiedendo un sopralluogo urgente. Questa prima lettera non ha valore di diffida ma costituisce tracciabilità. L’amministratore, secondo prassi, dovrebbe attivare un tecnico e inserire la voce “infiltrazioni” all’ordine del giorno della prima assemblea utile. Se entro pochi giorni non ricevi risposta o l’intervento è rinviato sine die, si passa alla diffida formale.
Redigere la diffida e mettere l’amministratore in mora
La diffida, detta anche messa in mora, è un atto unilaterale con quattro elementi essenziali: i dati delle parti, la descrizione dei fatti, l’intimazione ad adempiere e il termine. Un fac-simile diffuso dagli studi legali specializzati prevede l’intestazione al condominio “in persona dell’amministratore pro-tempore”, richiama gli articoli 1130, 1131 e 1219 c.c., dettaglia i danni già patiti e diffida a ripristinare le parti comuni e a rimborsare le spese entro, ad esempio, quindici giorni. La lettera può chiudersi con l’avvertimento che, in mancanza, il condomino promuoverà mediazione e azione giudiziaria con aggravio di costi a carico del condominio e, se del caso, dell’amministratore in via personale per culpa in vigilando.
Tempi e modalità di invio
La diffida va spedita con raccomandata A/R o, preferibilmente, con PEC: solo così si ha certezza legale di inoltro e ricezione. Il termine concesso deve essere ragionevole: in materia edilizia dieci-quindici giorni sono usuali, perché permettono all’amministratore di convocare il consiglio di condominio o di emettere ordine diretto di intervento urgente (facoltà che gli riconosce l’art. 1130 n. 4 c.c.). Se il danno è gravissimo – crolli o forti infiltrazioni attive – si può fissare un termine più breve, motivando l’urgenza.
Se l’amministratore non interviene
Scaduto il termine senza risultato, il condomino può percorrere tre strade.
Una convocazione assembleare ex art. 66 disp. att. c.c.: bastano un sesto dei millesimi per imporre la discussione. Spesso il solo fatto di portare il tema in assemblea spinge alla delibera dei lavori.
La mediazione obbligatoria: per domande su diritti reali e condominio è condizione di procedibilità. Si deposita istanza presso un organismo abilitato indicando il condominio come parte. Se la mediazione fallisce oppure l’amministratore non compare, il verbale negativo consente di agire in tribunale.
L’azione giudiziaria: si chiede al giudice, a seconda del valore, Giudice di pace o Tribunale, di condannare il condominio all’eliminazione delle infiltrazioni e al risarcimento. La giurisprudenza più recente conferma che il condominio è custode delle parti comuni (art. 2051 c.c.) e risponde anche del danno alla proprietà esclusiva
Profili di responsabilità dell’amministratore
Oltre alla responsabilità del condominio, può emergere la responsabilità professionale dell’amministratore se questi, pur consapevole del problema, lascia aggravare i danni. L’art. 1130 lo obbliga a intervenire su urgenze; la Cassazione ha più volte riconosciuto la sua colpa nei casi di omissione di custodia e di mancata esecuzione di lavori indifferibili. In taluni casi il singolo condomino ha chiesto e ottenuto la revoca giudiziale per “gravi irregolarità” ex art. 1129 c.c., utilizzando la diffida come prova della sua inerzia.
Costi e ripartizione delle spese
Se la causa delle infiltrazioni è su parti comuni (tetto piano, lastrico solare, canale di gronda), il costo degli interventi segue i criteri di cui agli artt. 1123 e 1126 c.c.; la spesa si divide cioè fra tutti i condomini, salvo uso esclusivo. Il danneggiato può anticipare lavori d’urgenza e poi chiederne il rimborso al condominio, allegando la diffida rimasta inefficace. La Cassazione 30791/2024 ha ribadito che il regolamento condominiale non basta a escludere la presunzione di condominialità delle parti comuni, quindi l’assemblea non può sottrarsi agli oneri riparativi.
Conclusioni
La diffida all’amministratore per infiltrazioni è, in pratica, la traduzione giuridica di un principio di buon senso: chi gestisce il condominio deve attivarsi tempestivamente per evitare danni più gravi. Formalizzarla correttamente, con prova fotografica e richiami legislativi puntuali, tutela il proprietario e odora di “pre-contenzioso”, spesso sufficiente a sbloccare la situazione. Se l’amministratore rimane inerte, il proprietario potrà dimostrare di averlo messo in mora e proseguire verso mediazione e giudizio con la massima forza probatoria, ottenendo non solo l’eliminazione delle cause ma anche il ristoro economico di tutti i pregiudizi subiti.